Io: “Buongiorno”.
X: “Buongiorno a lei!”.
Chi è questo terzo che partecipa sempre alle mie conversazioni?
Gli uomini hanno iniziato a salutare le ombre o sono diventato cieco io?
Diciamo, per essere precisi, che ho sviluppato una certa irritazione per tutti i formalismi di ogni genere e caso e, il LEI, ne è proprio l’apice.
L'uso del lei nella lingua italiana rappresenta una delle peculiarità del nostro modo di comunicare, un vestigio di una formalità antica che, in molte circostanze, ostacola la naturalezza e l'autenticità delle nostre interazioni quotidiane.
Sebbene il lei sia storicamente radicato e possa sembrare un segno di rispetto, è importante riflettere su come esso influisca realmente sulla qualità delle nostre conversazioni e, in definitiva, sulle nostre relazioni.
Credo sia il tempo di mettere in discussione questa pratica e di considerare le alternative che possono portare a una comunicazione più autentica e diretta.
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Un terzo invisibile nella conversazione
Quando ci rivolgiamo a qualcuno utilizzando il lei, è come se parlassimo di una terza persona non presente alla conversazione.
Questa costruzione grammaticale indiretta crea una barriera che rende il dialogo meno immediato e più artificiale.
È una sorta di filtro che ci separa dall'interlocutore, come se mantenessimo una distanza precauzionale, temendo di infrangere una formalità imposta da convenzioni ormai datate.
Immagina una situazione in cui ti trovi a parlare con un collega di lavoro, con un estraneo, con il cassiere della banca, con il banconiere della bottega.
Utilizzare il lei in questa circostanza può far sembrare la conversazione più rigida e meno spontanea.
Il dialogo potrebbe diventare più formale e meno sincero, creando un'atmosfera di distacco.
Mi sembra, sempre di più, che invece di costruire un rapporto basato sulla fiducia e sulla collaborazione, l'uso del lei può contribuire a mantenere una certa distanza tra le persone.
l'illusione del rispetto
L'argomento più comune a favore del lei è che esso esprima rispetto verso l'interlocutore.
Tuttavia, il rispetto autentico non dovrebbe risiedere in una forma verbale, ma piuttosto nel contenuto e nel tono della conversazione.
Trattare qualcuno con dignità, attenzione e considerazione è ben più significativo che utilizzare una parola formale.
Il lei può infatti celare una forma di rispetto superficiale, priva di sostanza reale.
Quando parliamo di rispetto, dobbiamo considerare non solo le parole che usiamo, ma anche il modo in cui trattiamo le persone.
Un sorriso sincero, un ascolto attento e una risposta compassionevole possono comunicare rispetto molto più efficacemente di una forma verbale formale.
Il rispetto autentico si manifesta attraverso le azioni e le intenzioni, non attraverso l'uso di un pronome specifico tramandato soltanto in virtù di un vizio formal-borghese.
Un Invito al “TU”
Nella società contemporanea, dove le distanze sociali sono sempre più sottili e la comunicazione diventa sempre più diretta e immediata, l'uso del lei lo vedo totalmente anacronistico e fuori da ogni luogo.
Se prendiamo l’esempio più semplice, l'inglese, il pronome you è utilizzato indifferentemente per tutte le persone, permettendo una maggiore fluidità e semplicità nel dialogo.
L'adozione del tu può favorire una comunicazione più diretta e sincera, abbattendo le barriere che il lei si porta dietro da sempre e impone con il silenzio, celandosi dietro l’etichetta del rispetto.
Mi sembra facile segnalare il contesto internazionale, dove è particolarmente evidente, ossia il contesto in cui l'inglese è spesso la lingua franca e il pronome you viene utilizzato per tutti.
Questa uniformità facilita la comunicazione e rende più semplice l'interazione tra persone di diverse culture e background.
L'abbandono del lei nelle nuove generazioni
Parlando spesso con i ragazzi, mi capita di vedere, senza volerne fare un dato statistico, che le nuove generazioni sono più inclini a eliminare il lei dalla loro conversazione quotidiana, percependolo come un ostacolo alla costruzione di rapporti più sinceri e spontanei.
Questo cambiamento, sebbene possa apparire irrispettoso ai più anziani, rappresenta in realtà un passo verso una comunicazione più inclusiva e orizzontale.
Abbandonare il lei non significa mancare di rispetto, ma piuttosto riconoscere l'uguale dignità di tutte le persone coinvolte nella conversazione.
Le nuove generazioni crescono in un mondo sempre più interconnesso e globale, dove la comunicazione è spesso rapida e informale.
L'uso del "lei" può sembrare una reliquia del passato, un'eccezione in un contesto dove la velocità e l'efficienza della comunicazione sono fondamentali.
Per queste ragioni, credo, molti giovani preferiscono utilizzare il tu indifferentemente, percependolo come un modo più naturale e diretto di interagire.
Se poi è anche vero che la comunicazione efficace si basa sulla capacità di connettersi emotivamente con l'interlocutore, quando utilizziamo il lei, possiamo creare una distanza emotiva che ostacola questa connessione.
Al contrario, ritengo fondamentalmente che l'uso del tu favorisca un ambiente di comunicazione più aperto e rilassato, in cui le persone si sentono libere di esprimere i propri pensieri e sentimenti senza timore di giudizi formali.
Racconta a chi vuoi di questo progetto.
Il "Lei” nella comunicazione digitale
Nel mondo digitale, l'uso del lei credo sia roba sorpassata ormai da ere intere.
Le interazioni online sono generalmente più informali e immediate, con un'enfasi sulla rapidità e sull'efficacia della comunicazione.
L'uso del tu è diventato la norma sui social media, nelle chat, spesso anche nelle mail, riflettendo un'evoluzione verso una comunicazione più diretta e personale.
La comunicazione digitale ha trasformato il modo in cui interagiamo, abbattendo molte delle barriere formali che esistevano nella comunicazione tradizionale.
Il futuro della comunicazione in Italia
Guardando al futuro, è probabile, spero, che l'uso del lei continui a diminuire, sostituito da un approccio più diretto e informale alla comunicazione.
Questo cambiamento rifletterebbe una società in evoluzione, in cui le gerarchie tradizionali sono sempre più messe in discussione e la comunicazione autentica è valorizzata.
L'adozione del tu, anche se ti sembra un nulla, una virgola nell’intera esistenza, può rappresentare un passo verso una società più egalitaria e inclusiva, in cui le barriere formali sono abbattute a favore di una maggiore comprensione e connessione tra le persone.
Un appello alla semplicità
In conclusione, l'invito è a riflettere criticamente sull'uso del lei e a considerare i benefici di una comunicazione più diretta e sincera.
Non si tratta di abolire una tradizione per il gusto di farlo, ma di riconoscere che il linguaggio è uno strumento in continua evoluzione, che deve adattarsi alle esigenze e ai valori della società attuale.
Poi non sei stanco di dover rapportarti in modi estremamente diversi in contesti tutto sommato simili?
Ma perché abbiamo pronomi di riverenza diversi per persone diverse?
Per scrivere una mail al Papa o al rettore di un’università ci vogliono già 8gb solo di introduzione per l’intero repertorio dei pronomi.
Dici che può bastare?
Promuoviamo un dialogo autentico, dove il rispetto non è una questione di formalità verbali, ma di vera e propria attenzione all'altro.
Abbracciamo il tu come simbolo di una comunicazione più umana e vera, liberandoci dal peso di un lei che troppo spesso ci allontana piuttosto che avvicinarci.
Credo, in definitiva, che il rispetto e la considerazione per gli altri dovrebbero essere radicati nella nostra cultura e nelle nostre azioni quotidiane, non imposti da una forma verbale.
Ciao, umano.
A presto e buona giornata,
Corrado